Il modello di gioco, la disposizione di partenza, il famoso e direi anacronistico modulo fatto di numeri: 4-3-3, 3-5-3, 4-3-1-2 ecc… come lo scelgo? Sulla base delle mie idee o sulle caratteristiche dei miei giocatori?
Non esiste una risposta oggettiva ed esatta. Entrambe le strade presentano dei pro e dei contro. Analizziamoli:
Sono un allenatore che ama proporre un sistema di gioco che ripercorre dei principi consolidati nella mia testa. Sono i Calciatori che devono seguire e non viceversa. Questo modo di pensare consente all’allenatore di impostare il lavoro in grande sicurezza. I calciatori apprezzano le competenze del mister nell’affrontare le situazioni di gioco, conoscenze dettate dall’esperienza. Ogni piccola variabile o imprevisto può essere rapidamente affrontato perché quasi certamente vissuto in passato. Le dinamiche di gioco, forse la cosa più complessa da far automatizzare al gruppo, sono pienamente assimilate nel bagaglio tattico dell’allenatore che riesce con maggiore facilità a proporle alla squadra. La squadra raggiunge prima, quella che io definisco, l’autonomia in campo. Cioè la maturità di affrontare le situazioni in modo quesi automatico perché profondamente fissate nella mente dei calciatori. I ragazzi si adattano ai principi di gioco dell’allenatore e mettono in campo un calcio credibile.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Detto così sembrerebbe facile la scelta di proporre il proprio modello di gioco. Ma spesso, soprattutto a livello dilettantistico, non è così. Pensate alla differenza sostanziale tra un centro del campo presidiato da 2 calciatori e uno da 3 calciatori. Sistemi di gioco come il 4-4-2, 3-4-3, 4-2-3-1 sono diametralmente opposti a sistemi come il 4-3-3, 3-5-2, 4-3-1-2; perché nei primi manca quello che io chiamo vertice basso di centrocampo. Il vecchio regista, un giocatore dalle caratteristiche molto chiare. Se in una squadra questo calciatore manca, adattarne uno a fare quel lavoro sarà estremamente complesso. Stesso discorso per le caratteristiche delle punte. Se si ama sfruttare l’ampiezza grazie ad una punta esterna che parte piedi sulla linea, ma in rosa hai a disposizione prevalentemente attaccanti “centrali”, sarà molto difficile adattarne uno lontano dalla porta e forse anche controproducente.
Io, a differenza, sono un allenatore che studia i ragazzi ne osserva le caratteristiche e li mette in campo nella zona in cui possono esprimersi al massimo. Questo approccio piace da impazzire ai calciatori e consente di avere sempre l’11 più forte in campo. I Giocatori si trovano nelle condizioni ideali di esprimersi al massimo del loro potenziale e se trovano la giornata “giusta” riescono ad incidere sul risultato. L’allenatore deve conoscere praticamente tutti i principi di gioco ma chiaramente non potrà mai approfondirne alcuni. La società nella creazione del roster sarà libera di approfittare di tutte le opportunità del mercato senza i famosi “veti” dell’allenatore. Anche in questo caso sembrerebbe la soluzione ideale. Ma anche in questo caso non è così. Difficilmente una squadra così pensata sarà espressione di grande calcio. Magari vincerà le partite ma senza il divertimento e le emozioni che suscitano automatismi di squadra consolidati. L’allenatore sarà “schiavo” dei calciatori e della loro condizione. Inoltre se a causa di infortunio viene a mancare un giocatore diventa più complessa la sua sostituzione in campo.
Nel professionismo di allenatori, che hanno dimostrato di poter vincere e che appartengono ad entrambe le categorie ce ne sono molti. Per fare due nomi, basti pensare a Maurizio Sarri e Max Allegri. Adesso la palla passa a te, come decidi il sistema di gioco?